F1 – La cecità della FIA

giancarlo_minardi.jpg'Mentre il mondiale di Formula 1 si appresta ad entrare nella fase calda della stagione con il 12mo appuntamento sul tracciato di Spa Francorchamps vogliamo portare ancora una volta l’attenzione su un argomento che riteniamo di vitale importanza per la sopravvivenza della Formula 1.

Nonostante gli ottimi risultati di giovani come il campione del mondo Sebastian Vettel, Robert Kubica, del debuttante Paul di Resta e del 20enne Jaime Alguersuari, solo per citarne alcuni, ancora oggi la FIA non sembra intenzionata a portare nuove regole che possano agevolare l’ingresso nella massima serie delle giovani promesse che tra mille difficoltà scalano la vertiginosa piramide delle categorie propedeutiche. Eppure una strada ci sarebbe, senza far lievitare i conti dei team. Com’è possibile tutto questo? Ce lo spiega un esperto come Gian Carlo Minardi.

“Grazie alle formule propedeutiche i ragazzi oggigiorno arrivano pronti per il grande salto e proprio la loro giovane età gli permette di adattarsi facilmente alle metodologie della F1. Bisogna però dare loro la possibilità di misurarsi e di creare una sana competitività con quelli che sono i senatori. I risultati di Vettel, Kubica, Di Resta e Alguersuari sono sotto gli occhi di tutti e la FIA ne dovrebbe tenere conto. Diversamente tutto il lavoro che viene fatto a partire dai kart diventa assolutamente inutile. La mia ricetta è molto semplice: obbligare tutti i team ad utilizzare un giovane durante la prima sessione del venerdì mattina. Oggi alcuni team lo fanno solo per necessità. Imponendolo come regola fissa potremmo avere in pista contemporaneamente 12 debuttanti (uno per team). In questo modo le scelte di alcuni team non saranno dettate dal budgets portato in dote, ma dal palmares del ragazzo. Una scuderia che si trova tra le mani un talento pensa due volte prima di rinnovare il contratto ad un pilota in età avanzata. Oggi l’età media si sta alzando perché non c’è ricambio. Il team ha paura ad investire su un giovane in quanto, non potendo effettuare test, si trova davanti a numerose incognite. A quel punto l’ago della bilancia pende verso l’esperienza,” analizza Gian Carlo Minardi